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Vanoi Notize, 01.11.2001

Vita nel Parco

by Gino Taufer


Ritorna la segheria Veneziana

Durante lo scorso periodo estivo-autunnale l'Ente Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino ha proceduto speditamente nell'esecuzione dei lavori di ricostruzione della Segheria di Valzanca (località Pian de la Slega - Ponte Stel).

In qualità di responsabile del progetto e della direzione dei lavori di ricostruzione della Segheria idraulica di Valzanca, nonché sollecitato da più parti, cercherò di dare alcune spiegazioni circa le scelte progettuali effettuate; in particolare cercherò di rispondere alla domanda "perché un tetto in lamiera?" visto che è la più frequente postami recentemente.

In primo luogo ricordo come il progetto di ricostruzione della Segheria di Valzanca sia inserito nel Progetto Generale Attuativo del Sentiero Etnografico del Vanoi. Ricordo altresì come il finanziamento per la Segheria sia rimasto fuori dalla quota cofinanziata dall'Unione Europea rimanendo di conseguenza a totale carico dell'Ente Parco.

Io ed i miei colleghi abbiamo iniziato a fare i primi rilievi dei ruderi nel settembre del 1995, ma i lavori sono potuti iniziare soltanto nell'autunno del 2000 a causa dei lunghi tempi impiegati per richiedere ed ottenere la concessione di derivazione dell'acqua del Rio Valzanca. La slega non si sarebbe comunque potuta ricostruire senza aver avuto la preventiva certezza di una quantità d'acqua sufficiente per farla funzionare.

La storia di questo opificio parte però da molto più lontano ed ora ve la racconterò brevemente al fine di capire meglio le scelte fatte per la sua ricostruzione. La nostra segheria nasce attorno al 1870 per opera di Orsingher Crisanto Andelon di Canai San Bovo, proprietario dei fondi su cui insisteva l'edificio e probabilmente titolare della concessione per lo sfruttamento dell'acqua. L'edificio di allora era più piccolo di quello che vediamo oggi, ma era situato nella medesima posizione. Teniamo conto che nella zona del Primiero abbiamo testimonianza documentale dell'esistenza di seghe e mulini fin dal 1500 e anche di epoche più antiche.

Nel 1881 alla Segheria capita la prima disgrazia; sappiamo infatti che il Comune di Canale concede gratuitamente al proprietario dieci piante "per la rifabbricazione della rassica in Valzanca" colpita forse da un incendio o da un alluvione. In quegli stessi anni il Comune costruisce la strada di Valzanca, per cui la Segheria assume una nuova importanza trovandosi in una posizione strategica alla confluenza di due valli (Valsorda e Valzanca), tanto importanti per lo sfruttamento del legname.

Nel 1893 muore Crisanto Andelon e lascia in eredità la segheria al figlio Gio-Batta; nel documento di eredità abbiamo una bella descrizione della siega e si può notare come il suo valore monetario sia decisamente elevato se rapportato al valore di una casa di abitazione a Canale.

Agli inizi del Novecento il Comune inizia ad avere grossi interessi nel commercio del legname ed è così che nel 1907 acquista la Segheria dal privato GioBatta Orsingher. In questo modo si assicura la fornitura dei segati ad uso civico per i censiti del Comune. Le cose procedono bene fino alla Prima Guerra Mondiale, quando la siega diventa obiettivo di guerra e viene seriamente danneggiata, tanto che il Comune, nel 1920, deve fare un grosso intervento di ristrutturazione per poterla riattivare. Di questo intervento abbiamo delle belle descrizioni, fra le quali una testimonia l'uso di lamiera ondulata (residuo bellico) come manto di copertura del tetto. L'impresario affidatario dei lavori è Sperandio Luigi Brentan di Canale, col quale il Comune avvia anche una contesa per via del cattivo funzionamento della macchina. Dopo varie liti nell'aprile del 1921 si collaudano i lavori. Nella ricostruzione del 1920 l'edificio viene probabilmente ampliato con l'aggiunta della stanza del segantino, facendo assumere allo stabile una volumetria simile a quella oggi ricostruita.

La richiesta del Comune al Ministero dei Lavori Pubblici in Roma per il riconoscimento del diritto di derivazione dell'acqua dal Rio Valzanca è del 1931. In allegato alla domanda esiste il progetto dell'edificio, molto dettagliato e completo. In questi anni la Segheria assume una grossa importanza sia per il Comune, che per i censiti, come è documentato dalle frequenti citazioni nei verbali di Giunta comunale e nei numerosi documenti ritrovati. Degli anni Quaranta abbiamo inoltre le testimonianze dei segantini che vi hanno lavorato e che hanno gentilmente collaborato nella ricostruzione dei fatti e delle trasformazioni avvenute. Proprio in questi anni, infatti, la piccola e veloce ruota alla veneziana fino ad allora usata, viene sostituita da una ruota più grande con uso di un meccanismo di moltiplica dei giri a cinghia e puleggia, probabilmente del tutto simile a quello oggi ricostruito. L'attività di questi anni è frenetica, come pure i repentini cambiamenti; già nel 1946 siamo certi dell'esistenza di una turbina metallica al posto della defunta grande ruota in legno. Nel 1947 l'Ufficio del Genio Civile di Trento riconosce il diritto di derivare 175 1/s (oggi ne abbiamo un massimo di 180 1/s) dal Rio Valzanca per uso di produzione di forza motrice presso la Segheria. Vi ricordo che la domanda era stata inoltrata nel 1931, i sopralluoghi furono effettuati nel 1932 e '33 e l'atto di concessione è del giugno 1947 in seguito agli eventi bellici del secondo conflitto mondiale. Possiamo quindi ritenerci fortunati che noi oggi siamo riusciti a riavere la concessione solo in pochi anni. Nel 1948 altra riparazione e probabile sostituzione del carro e del telaio, questa volta ad opera di Rattin Ernesto e Riccardo Batistot. Nel 1949-50 viene montato un motore elettrico con energia fornita dalla Smirrel, in sostituzione della turbina idraulica andando così a decretare l'inizio della fine. La Segheria non funzionerà più bene e il Comune cercherà di sostituirla con una più moderna e di più facile accesso (sarà poi la ex-Tretti a Caoria). Nel 1952 la Segheria di Valzanca cessa la produzione e viene usata come ricovero e deposito a servizio degli orti forestali per altri dieci anni circa (nel frattempo i piazzali erano stati trasformati in orti forestali). L'unica foto dell'edificio in nostro possesso è degli anni Sessanta (a proposito, se qualcuno avesse una foto vecchia o altra documentazione relativa alla Segheria, saremmo particolarmente grati di poterla riprodurre). Di lì a poco l'edificio verrà demolito e i materiali edificali verranno recuperati per essere riutilizzati altrove.

Oltre alla ricerca storica e documentale, sono state fatte numerose interviste ai segantini locali, talvolta direttamente sul posto, in modo tale da permettere una comprensione migliore delle trasformazioni avvenute. I dati dei documenti ufficiali integrati con le notizie di fonti orali hanno permesso quindi di ottenere un quadro completo sulla nascita e sulla evoluzione della slega, una visione globale necessaria a guidare le scelte progettuali di recupero.

Perché dunque ricostruire la Segheria? La risposta al quesito è semplice quanto immediata: perché si muove! Dalla ricerca fatta per la progettazione del Sentiero Etnografico è emerso come il leit motiv sia il movimento: sentieri, prati, pascoli e quant'altro esista in questa zona, rappresentano causa ed effetto di un continuo movimento della Comunità di Caoria sul territorio. Cosa meglio di una macchina in movimento, alimentata da energia eco-compatibile e pulita, frutto di molte conoscenze locali e di saperi antichi, riesce a rappresentare e sintetizzare questo concetto? A tal proposito credo che la segheria ricostruita non rappresenti soltanto un pezzo di passato che rivive (e chi potrebbe aver nostalgia di un passato di stenti e di miseria?), ma l'esempio "vivente" di un ottimo equilibrio fra uomo e ambiente. Non si vuole dunque esprimere il concetto dei "montanari" in grado di costruire una macchina complessa sulle basi di una loro particolare intelligenza, si intende invece dimostrare come i "montanari", forse più di altri, siano riusciti in passato a vivere in modo integrato ed equilibrato nell'ambiente che li circondava. Le risorse territoriali venivano infatti consumate solo nella misura necessaria alla loro sopravvivenza, senza sprecare nulla. Se c'è una cosa di cui noi tutti dovremmo avere nostalgia nei confronti del passato di questi luoghi e di queste genti è la consapevolezza che allora non esisteva (o esisteva in modo del tutto contenuto) il consumismo che oggi ci acceca. Per re-imparare queste cose, ricostruiamo la Segheria. Un'ultima cosa: per la primavera del 2002 è prevista l'inaugurazione della macchina con il taglio della prima brega. Tutti coloro che in qualche modo hanno partecipato in questa stupenda operazione di recupero avranno allora la loro soddisfazione e ci sarà una sorpresa per tutti. Accettiamo benevolmente eventuali critiche se motivate e intelligenti, ma ricordiamoci anche che la Segheria non è del Parco in senso stretto, ma è soprattutto un modo di porsi della Comunità locale, con i suoi saperi antichi ed equilibrati, nei confronti del visitatore curiosò e intelligente. La ruota ha "la sua voce" e ora è tornata col suo ritmico suono del passato.

Tre livelli di lettura dell'edificio

1. i ruderi dell'edificio e del vecchio impianto, opportunamente consolidati e sistemati costituiti dalle murature perimetrali in pietra a secco, alcuni muri del seminterrato, i basamenti di calcestruzzo dove poggiava il motore elettrico e l'albero della turbina;

2. la macchina idraulica con relativo impianto di captazione e canalizzazione delle acque, costruita secondo le testimonianze orali e documentali, databile ad un ben determinato periodo (prima metà degli anni Quaranta circa). La macchina è costruita come allora (fedeltà storica e tecnologica) ma ricostruita con l'ausilio della tecnologia moderna. Non vogliamo infatti far credere (o che qualcuno cada in fraintendimenti) che la macchina sia quella originale, vogliamo invece far capire come funzioni nelle sue varie parti. A quanto ci è dato sapere, nel Sud delle Alpi non esiste una macchina simile funzionante (un multistadio a cinghia e puleggia), perciò il progetto assume anche un'importanza dal punto di vista tecnologico e scientifico;

3. la "scatola" che protegge e chiude tutto è il più visibile dei livelli ma non il più importante. Seguendo le scelte contettuali di evitare "falsi storici", i progettisti (nello specifico gli architetti Schweizer e Piazzetta) hanno proposto forme semplici, del tutto simili nelleligeee nella volumetria a quelli anticamente esistenti. Materiali semplici e locali, ma stile che non dia adito a dubbi. Vi assicuro che la cosa più semplice sarebbe stata quella di ricostruire murature in pietra, fare un tetto a capriate tradizionali e manto di copertura in scandole. Invece abbiamo scelto la strada più difficile ma più coraggiosa e più onesta. Ecco il perché della lamiera zincata anziché scandole. Questo edificio non è una casèra o un tabià né null'altro di simile e non deve essere confuso con i tipici edifici rurali ad ex-uso agricolo. Il manufatto in oggetto è un ex-edificio industriale attualmente destinato ad uso didattico-dimostrativo e poi... il lustro attira oppure no? Ora che ho visto realizzato questo manto di copertura in lamiera zincata, sono convinto della bontà/telìa scelta. Peraltro ricordo come quanto realizzato sia esattamente il risultato di ciò che era stato previsto in progetto. Quest'ultimo è stato autorizzato dalla Commissione Provinciale per la Tutela Paesaggistico Ambientale, dalla Commissione edilizia del Comune di Canai San Bovo ed è conforme alle Norme del Piano di Parco.

Gino Taufer

Tecnico del Parco Paneveggio Pale di San Martino


 
design: Kai M. Wurm
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