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Eco di Primero, 01.09.2002

A Valzanca rivive la siega

by Gino Taufer


Più di mille persone, durante l'estate, hanno visitato la ricostruita segheria veneziana come un antico patrimonio è tornato a risplendere

Come nasce un asse di legno? E come funzionavano le vecchie segherie? Ma soprattutto, come viveva la comunità di Caoria? Nel corso della stagione estiva, più di mille visitatori hanno potuto assistere alle dimostrazioni pratiche organizzate dal Parco di Paneveggio Pale di San Martino presso la Segheria veneziana di Valzanca. I frequentatori del Sentiero Etnografico del Vanoi hanno partecipato con entusiasmo agli appuntamenti settimanali.

Un artigiano di Caoria, affiancato da un vecchio segantino della zona, ha illustrato il funzionamento della segheria dimostrando come è possibile ottenere piccole assicelle in legno da tronchi d'albero. L'iniziativa si è svolta durante tutti i giorni festivi di luglio e agosto e ogni mercoledì. Hanno partecipato in media trenta persone ad appuntamento.

L'Ente Parco ha dedicato ben due anni all'opera di restauro e ricostruzione della segheria veneziana di Valzanca, fortemente convinto che la conservazione di questo antico patrimonio meritasse ogni energia. Il successo di visite ottenuto ha comunque stupito i dirigenti. Nessuno si aspettava che già dall'apertura la segheria suscitasse così tanto interesse.

La segheria è stata inaugurata lo scorso giugno in località Pian de la Slega - Ponte Stel, all'interno del Parco. Durante la cerimonia è stato spiegato il motivo più importante che ha spinto al recupero di questo edificio: il movimento.

Dalla ricerca fatta per la progettazione del Sentiero etnografico è emerso come il leit motiv sia il movimento: sentieri, prati, pascoli e quant'altro vive ed esiste in questa zona, rappresentano la causa e l'effetto di un continuo movimento della comunità di Caoria sul territorio. Cosa meglio di una macchina in movimento, alimentata da energia eco-compatibile e pulita, frutto di molte conoscenze locali e di sapere antico, riesce a rappresentare e sintetizzare questo concetto? La segheria ricostruita non rappresen­ta soltanto un pezzo di passato che rivive, ma l'esempio "vivente" di un ottimo equilibrio fra uomo e ambiente. La testimonianza di come la comunità sia riuscita in passato a vivere in modo integrato ed equilibrato nell'ambiente che l'ospitava. Le risorse territoriali venivano consumate solo nella misura necessaria alla sopravvivenza della popolazione locale. Nulla veniva sprecato. Se c'è una cosa di cui noi tutti dovremmo avere nostalgia è l'equilibrio tra uomo ed ambiente che regnava in passato in questi luoghi. Era un tempo che scorreva limpido lontano dall'avidità del consumismo. La ristrutturazione della segheria ha voluto ricordare a tutti l'equilibrio e il rispetto per l'ambiente. E tutti, ora, possiamo ascoltare la storia attraverso "la voce" infinitamente saggia di una grossa ruota in continuo movimento.

Le Origini della "Siega"

I primi rilievi dei ruderi risalgono al settembre del 1995, ma i lavori sono potuti iniziare soltanto nell'autunno del 2000 a causa dei lunghi tempi impiegati per richiedere ed ottenere la concessione di derivazione dell'acqua dal Rio Valzanca. Infatti, la "siega" non si sarebbe potuta ricostruire senza una quantità d'acqua sufficiente per farla funzionare.

La storia di questo opificio parte però da molto più lontano. Il manufatto nasce attorno al 1870 per opera di Crisanto Orsingher, proprietario dei fondi su cui esisteva l'edificio e probabilmente titolare della concessione per lo sfruttamento dell'acqua. L'edificio di allora era più piccolo di quello che vediamo oggi, ma situato nella medesima posizione. Teniamo conto che nella zona del Primiero abbiamo testimonianza documentale dell'esistenza di sieghe e mulini fin dal 1500 e anche di epoche più antiche. Nel 1881, alla segheria, capita la prima disgrazia. Sappiamo, infatti, che il Comune di Canale concede gratuitamente al proprietario dieci piante "per la rifabricazione della rassica in Valzanca" semidistrutta da un incendio. In quegli stessi anni il Comune costruisce la strada di Valzanca, per cui la segheria assume una nuova importanza trovandosi in una posizione strategica alla confluenza di due valli (Valsorda e Valzanca) tanto importanti per lo sfruttamento del legname. Nel 1893 muore il proprietario, lasciando in eredità la segheria al figlio GioBatta. Nel documento di eredità abbiamo una bella descrizione della "siega " e si può notare come il suo valore monetario sia decisamente elevato se rapportato al valore di una casa di abitazione a Canale. Agli inizi del Novecento il Comune inizia ad avere grossi interessi nel commercio del legname ed è così che nel 1907 acquista la segheria dal privato GioBatta Orsingher. In questo modo si assicura la fornitura dei segati ad uso civico per i censiti del Comune. Le cose procedono bene fino alla Prima Guerra Mondiale quando la segheria diventa obiettivo di guerra e viene seriamente danneggiata, tanto che il Comune, nel 1920, deve fare un grosso intervento di ristrutturazione per poterla riattivare. Di questo intervento abbiamo accurate descrizioni. Una di queste testimonia l'uso di lamiera ondulala (residuo bellico) come manto di copertura del tetto. L'edificio viene probabilmente ampliato con l'aggiunta della stanza del segantino facendo assumere allo stabile una volumetria simile a quella oggi ricostruita.

È del 1931 la richiesta del Comune al Ministero dei Lavori Pubblici in Roma per il riconoscimento .del diritto di derivazione dell'acqua dal Rio Valzanca. In allegato alla domanda esiste il progetto dell'edifico,molto dettagliato e completo. In questi anni la segheria assume una grossa importanza sia per il Comune sia per i censiti, come è documentato dalle frequenti citazioni nei verbali di Giunta comunale e nei numerosi documenti ritrovati.

Degli anni Quaranta abbiamo inoltre le testimonianze dei segantini che vi hanno lavorato e che hanno collabora-to nella ricostruzione dei fatti e delle trasformazioni avvenute. Proprio in questi anni, infatti, la piccola e veloce ruota alla veneziana, fino ad allora usata, viene sostituita da una ruota più grande con un meccanismo di moltiplica dei giri a cinghia e puleggia, probabilmente del tutto simile a quello oggi ricostruito.

L'attività di questi anni è frenetica, come pure i repentini cambiamenti; già nel 1946 siamo certi dell'esistenza di una turbina metallica al posto della defunta grande ruota in legno. Nel 1947 l'Ufficio del Genio Civile di Trento riconosce il diritto di derivare 175 1/s (oggi ne abbiamo un massimo di 180 1/s) dal Rio Valzanca per uso di produzione di forza motrice presso la segheria.

Nel 1949-50 viene montato un motore elettrico con energia fornita dalla Smirrel, in sostituzione della turbina idraulica andando così a decretare l'inizio della fine. La segheria non funzionerà più bene e il Comune cercherà di sostituirla con una più moderna e di più facile accesso.

Nel 1952 la segheria di Valzanca cessa la produzione e viene usata come ricovero e deposito a servizio degli orti forestali per altri dieci anni circa. Di lì a poco l'edificio verrà demolito e i materiali edificali verranno recuperati per essere riutilizzati altrove. Oltre alla ricerca storica e documentale, sono state fatte numerose interviste ai segantini locali, talvolta invitati sul posto, in modo da permettere una comprensione migliore delle trasformazioni avvenute. I dati dei documenti ufficiali, integrati con le notizie di fonti orali, hanno permesso quindi di ottenere un quadro completo sulla nascita e sull'evoluzione della "siegà", una visione globale necessaria a gui­dare le scelte progettuali di recupero.

Cosa vedere

1.1 ruderi dell'edificio e del vecchio impianto, opportunamente consolidati e sistemati costituiti dalle murature perimetrali in pietra a secco, alcuni muri del seminterrato, i basamenti di calcestruzzo dove poggiava il motore elettrico e l'albero della turbina.

2. La macchina idraulica con relativo impianto di captazione e canalizzazione delle acque, costruita secondo attendibili testimonianze, databile ad un ben determinato periodo (prima metà degli anni Quaranta), La macchina è stata ricostruita come allora con l'ausilio della tecnologia moderna. A quanto ci è dato sapere, nel Sud delle Alpi non esiste una macchina simile funzionante (una multistadio a cinghia e puleggia), perciò il progetto assume anche un'importanza dal punto di vista tecnologico e scientifico;

3. La "scatola" che protegge e chiude tutto. I progettisti della parte architettonica (gli architetti Schweizer e Piazzetta) hanno proposto forme semplici, del tutto simili nelle linee e nella volumetria a quelli anticamente esistenti. La cosa più semplice sarebbe stata quella di ricostruire murature in pietra, fare un tetto a capriate tradizionali e manto di copertura in scandole. Invece è stata scelta la strada più difficile, ma più coraggiosa e onesta. Ecco perché c'è una lamiera zincata anziché scandole. Questo edificio non è una coserà o un tabi a e non deve essere confuso con i tipici edifìci rurali ad ex uso agricolo. Il manufatto in oggetto, infatti, è un ex edifìcio industriale attualmente destinato ad uso didattico-dimostrativo.

 

 


 
design: Kai M. Wurm
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